FONDAMENTALI

La tragedia che ha colpito Michele Scarponi deve farci riflettere.

Il dato di realtà oggettivo è che muoiono circa 500 ciclisti all'anno, un numero esorbitante e terribilmente preoccupante, ma ridurre il tutto ad una lotta tra auto è un'eccessiva semplificazione. Deve essere fatto un ragionamento più ampio, più complesso. Proviamo a rifletterci insieme.

 

Avrei voluto scrivere un pezzo su un argomento più divertente e positivo, ma devo ammettere che la tragedia che ha colpito la famiglia Scarponi mi ha toccato molto da vicino e per questo motivo sento il bisogno di fare qualche riflessione personale che va oltre lo sport e che vorrei condividere con voi.

Viviamo come fossimo immortali, presi dalle nostre aspirazioni, dalle nostre delusioni, ansie, impegni, affanni, obblighi...
viviamo come avessimo il controllo su tutto, come se avessimo in pugno la situazione, come se fossimo noi a decidere le cose, il nostro futuro, le nostre scelte...
il pensiero della fine, della morte (almeno per me) c'è proprio raramente in quanto sono perennemente percorsa da quella linfa vitale che mi porta tutti i giorni a svegliarmi la mattina e avere una serie di idee in testa, di progetti, di cose da fare e scadenze da rispettare...

Sono tragedie come queste che mi fanno riflettere su quanto tutto sia fugace e labile, su quanto tu possa impegnarti a fare una cosa, o credere fermamente in ciò che fai ma poi ti scontri col limite, col senso di impotenza che ti fa sentire piccolo, inerme e vulnerabile nei confronti di qualcosa di più grande.

Non conoscevo bene Michele, ci avevo scambiato quattro chiacchiere a Ride 4 life di qualche anno fa e neppure sua moglie, ci incrociavamo spesso in ciclabile a Livigno, lei con i suoi gemellini, io con i miei piccoli...ci si vede, ci si saluta, niente più...

Appena ho sentito la terribile notizia è stato per me impossibile non pensare immediatamente a lei...ai loro bimbi...mi sono immedesimata in lei e nella scena del saluto prima di uscire in bici, tutti noi appassionati (o con familiari che fanno della bici una passione, un hobby o una professione) la conosce bene... Dio quante volte sarà successa...'amore quanto fai oggi?' Un bacio e via...lo guardi mentre infila il cancello aperto di casa e sparisce inghiottito dalla strada...

Quante volte? Migliaia...

Talmente tante che ormai è un'abitudine, ormai è una cosa ovvia...magari a volte non lo abbracci neanche più prima che esca, magari dal piano di sotto ti urla: 'parto, a dopo'.

Pensare che quel campanello non suonerà più, che il pranzo che hai preparato per il suo ritorno diventerà freddo e inutile è angosciante, è devastante.

In questo momento ho tante domande e nessuna risposta.

In questo momento la cosa più 'facile' sarebbe gridare al colpevole, all'assassino...in questo momento la cosa che verrebbe più automatica è sfogare la rabbia su un capro espiatorio, su colui che guidava il mezzo ed espanderlo a tutti gli automobilisti, nemici giurati dei ciclisti.

Io personalmente non la penso in questo modo, non mi sento di generalizzare. Ció detto, penso tuttavia che ci sia molto da cambiare nella nostra cultura.

Il dato di realtà oggettivo è che muoiono circa 500 ciclisti all'anno, un numero esorbitante e terribilmente preoccupante, ma ridurre il tutto ad una lotta tra auto e bici mi sembra riduttivo, mi sembra troppo una semplificazione.

Io penso debba essere fatto un ragionamento più ampio, più complesso.

Credo che oggi tutti noi siamo soggetti ad una iperstimolazione. Siamo attraversati da una serie di input che ci portano a dover essere multitasking: stiamo facendo colazione e già pensiamo a cosa dobbiamo fare al lavoro, siamo al computer e intanto riceviamo una chiamata, parliamo col collega e pensiamo alle vacanze estive....

Insomma siamo in una situazione in cui la nostra attenzione è sempre sovraeccitata ma in modo diffuso e ció inevitabilmente ci porta a perdere dei 'pezzi'.

Con il mio Lavoro clinico e la mia continua formazione ho imparato a conoscere un concetto che io considero bellissimo ma difficilissimo da mettere in pratica: Mindfulness. Non esiste un corrispettivo in italiano completamente calzante, possiamo parlare di attenzione consapevole al presente. Beh io credo che questo possa essere una soluzione. Il 'fare consapevole' ci porta ad essere completamente dentro nel qui ed ora in ogni momento...se faccio colazione penso a far colazione, a sentire con i 5 sensi il cibo che viene ingerito, se sono al lavoro penso solo a quello che devo fare, se sto guidando penso solo a quello che serve per farlo in modo corretto, rispettando i segnali, le velocità, le distanze.

Lo so, non è semplice, deve essere un allenamento quotidiano perché quello che ci chiede la società di oggi è altro, è l'efficienza massima...ma a discapito di cosa? Beh a volte, purtroppo, a discapito anche della vita.

Credo che la prevenzione sia fondamentale in questo caso e penso che l'unica via di uscita per un mondo migliore ed un futuro diverso sia EDUCARE i nostri figli a qualcosa di diverso.

Spero con tutto il cuore che non debbano servire altri 'sacrifici' per iniziare questo cambio di rotta assolutamente necessario.

Una preghiera per te Michele che non ci sei più, e per tua moglie ed i tuoi figli che dovranno imparare a convivere con la tua assenza.

Elisabetta Borgia

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