Paolo Slongo l'ex velocista dilettante, trevigiano doc, preparatore atletico di Vincenzo Nibali ci spiega perché nel ciclismo è importante la multidisciplinarietà anche per un amatore.
Si parla molto di multidisciplinarietà nel ciclismo in questo periodo. Durante le interviste del dopo Giro d'Italia, il CT della Nazionale Italiana di ciclismo Davide Cassani è più volte tornato sull'importanza, per i professionisti, di crescere atleticamente provando tutte le diverse declinazioni del ciclismo.
La pista, la strada, la mountain-bike, il ciclo cross sono tutte frecce importanti all'arco di un professionista che ambisca a diventare un atleta versatile e temibile in tutte le situazioni di gara. Non si tratta però di un addestramento imprescindibile solo per un professionista. Paolo Slongo, ex velocista dilettante e oggi preparatore atletico di grandi campioni come Vincenzo Nibali, ci ha raccontato perché sia così importante anche per un amatore, provare tutte le diverse interpretazioni del ciclismo.
'Sicuramente per un professionista avere esperienza diretta di pratica ciclistica non soltanto della bici da strada, ma anche della mountain-bike, della pista e del ciclo cross, è un bagaglio che torna utile in moltissime situazioni. Se questa cosa è evidentemente indispensabile nei professionisti, non lo è comunque meno negli atleti amatori. Avere estrema dimestichezza con il mezzo su qualunque tipo di terreno ti dà quel qualcosa in più che può farti fare la differenza in situazioni particolari di gara o di allenamento.
Se penso a esempi illustri, mi viene facilmente in mente Elia Viviani, medaglia d'oro nell'omnium alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, che da sempre ha praticato il ciclismo su pista così come quello su strada ad altissimi livelli.
Per uscire dal nostro paese pensate soltanto a Peter Sagan e alle acrobazie che lo hanno reso forse ancora più famoso delle grandi imprese sportive che ha saputo compiere. Lui viene da mountain-bike e ciclo cross, discipline che in paesi come la Slovacchia e la Repubblica Ceca sono il pane quotidiano per i ragazzini che si avviano al ciclismo. Aver fatto pratica in questi campi è stato per lui la fortuna più grande e lo strumento più efficace per imparare a guidare la bici come pochi altri sanno fare.
Se pensiamo ad esempio al contrario ad atleti che, seppur siano stati dei grandissimi campioni, hanno avuto dei limiti in carriera dovuti proprio ad una mancata pratica delle diverse discipline del ciclismo, mi viene in mente Ivan Basso. Ciascuno di voi ricorderà bene le grandi vittorie di questo atleta, ottenute grazie a straordinarie performance in salita, ma più di una volta messe a rischio dalle difficoltà che invece incontrava in una corretta guida del mezzo nelle lunghe discese. Questo è successo proprio perché Ivan, fin da piccolo, si è dedicato esclusivamente al ciclismo su strada, trascurando tutte le altre discipline.
Veniamo però al mondo amatoriale. A mio avviso, dopo tutti gli anni di esperienza da atleta prima e da preparatore tecnico poi, ci sono indubbiamente fasce d'età dove i ragazzini sono più ricettivi a migliorare le proprie qualità tecniche di guida del mezzo. Se si vuole lavorare su abilità, destrezza, reattività e coordinazione è bene farlo su un ragazzino al di sotto dei 15 o 16 anni. Se è pur vero che è questa l'età nella quale si raccolgono i migliori risultati, è altrettanto vero che la cosa non sia fattibile anche per un adulto, seppur con risultati meno ecclatanti. È bene quindi cercare sempre di andare a toccare tutte quelle discipline del ciclismo che ci consentono di mettere alla prova le nostre abilità di guida. Per un amatore, così come succede anche per un professionista, diversificare la preparazione significa anche tenere lontana la noia. Non si tratta di un aspetto da trascurare. Tanti professionisti in inverno prediligono la mountain-bike perché si trovano a pedalare su terreni diversi dalla strada e in ambienti estremamente più gradevoli. In questo modo svolgono dei buoni allenamenti di qualità con però un minor peso a livello mentale. Lo stesso discorso vale per un atleta amatore. È bene sempre cercare di programmare la stagione con degli stacchi importanti nei quali inserire sedute in mountain-bike o in inverno praticare il ciclo cross.
Un capitolo a parte va dedicato alla pista. L'allenamento in pista comporta un lavoro cardiovascolare importante e un carico altrettanto corposo in termini di impiego della forza. Se è vero che un allenamento in pista garantisce lo sviluppo di una fluidità di pedalata straordinaria e un incremento delle capacità di interpretare le situazioni di gara soprattutto in gruppo, è anche vero però che si tratta di un lavoro molto impegnativo e che quindi è bene affrontare con la giusta progressione e assolutamente per gradi.
La raccomandazione che mi sento di fare sempre agli atleti amatori che non hanno magari la fortuna di avere un preparatore al proprio fianco, è quella di fare tutto sempre con la massima ragionevolezza e soprattutto in progressione lenta di carico’.
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